Uzak in turco significa “Lontano”, è il terzo film di Nuri Bilge Ceylan, 45 anni, nato ad Istanbul, racconta appunto molte lontananze: la lontananza da sé e dal proprio passato, la lontananza dai desideri per il proprio futuro, a lontananza dagli altri, la lontananza dalla città invernale coperta di neve, circondata da acque gelide e nebbie alla Anghelopoulos o alla Tarkovski.
È un bellissimo film, molto premiato al Festival di Cannes 2003: ogni elemento dello stile perfetto assume una straordinaria eloquenza, ogni malinconia di fa eleganza, ogni minimo evento diventa simbolico anche della tensione sociale e politica del Paese, non c’è un solo attimo che risulti insignificante.
Non è soltanto la malinconia o, peggio, la depressione: “Uzak” è nutrito piuttosto da una insussistenza o inesistenza del mondo, dall’ironia che basta a vanificarlo.
Il regista ha scritto, sceneggiato, prodotto, fotografato, diretto, montato quest’opera indiscutibilmente d’autore; suo cugino Mehmet Emin Toprak, interprete del personaggio del cugino, è morto ventottenne in un incidente d’auto prima ancora che il film arrivasse al pubblico.
Il cinema turco non fornisce spesso opere sorprendenti: ma basta un film come questo a rivelarne i segreti di talento, di lirismo, di bravure professionale.